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Era il 12 maggio del 1974, mentre il “no” vinceva al referendum sull’abrogazione della legge Fortuna-Baslini, legalizzando ufficialmente il divorzio, la Lazio conquistava il suo primo scudetto. Erano gli anni di piombo, qualche settimana dopo a Piazza della Loggia, a Brescia, sarebbe esplosa una bomba per mano del gruppo di Ordine Nuovo. Erano tempi movimentati, di un’Italia armata e schierata. Erano altri tempi anche per il calcio, quello scevro dal peso del denaro, dove una squadra salita due anni prima dalla Serie B riusciva a vincere lo scudetto.
È in questo contesto storico che nasce la Lazio di Tommaso Maestrelli, probabilmente una delle favole calcistiche più romantiche della storia del pallone, una squadra di “ribelli” messa insieme da un allenatore che è stato più di un tecnico, quasi un padre, per i propri giocatori.
Stagione 1971-1972, la Lazio è in Serie B. Dopo un anno infelice con Juan Carlos Lorenzo prima e Roberto Lovati poi alla guida della squadra, i biancocelesti retrocedono nella seria cadetta. La rifondazione voluta dal Presidente Umberto Lenzini e dal Direttore Sportivo Antonio Sbardella parte da un allenatore pisano, Tommaso Maestrelli, che l’anno precedente era retrocesso con il Foggia in Serie B, pur facendo un’ottima stagione, ricca di risultati eclatanti, come il 5-2 proprio contro la Lazio. La squadra non cambia moltissimo, restano giocatori importanti come Giorgio Chinaglia, Pino Wilson, Peppe Massa, Mario Facco, Giancarlo Oddi e Giuseppe Papadopulo.
Il campionato inizia molto bene per la Lazio, che nel corso di tutta la stagione occuperà le zone alte della classifica piazzandosi al secondo posto dietro la Ternana. La squadra romana si riprende subito la Serie A, conquistando la promozione con il miglior attacco del campionato. Dei 48 gol segnati dai biancocelesti 21 li ha segnati Giorgio Chinaglia, la stella di quella Lazio.
Dopo la splendida stagione tra i cadetti, alcuni giocatori della Lazio entrano nel mirino dei più importanti club di Serie A. Il Presidente Lenzini cede soltanto uno dei pezzi pregiati della sua squadra, Peppe Massa, riuscendo a trattenere Chinaglia. Con i soldi incassati dalla cessione dell’attaccante, Sbardella ricostruirà la Lazio: arrivano Mario Frustalupi, Luciano Re Cecconi, Felice Pulici, Renzo Garlaschelli e Massimo Silva.
Quello che succede nella stagione 1972-1973 è incredibile, la squadra biancoceleste arriva al terzo posto a soli due punti dalla vetta. La Lazio del Maestro si gioca lo scudetto fino all’ultima giornata, in cui la Juve vince, però, una partita rocambolesca contro la Roma scavalcando il Milan battuto fuori casa dal Verona e la Lazio sconfitta sul campo del Napoli. Non era mai successo che una neopromossa lottasse fino alla fine per il titolo di Campione d’Italia.
L’esito della stagione 1972-1973, in altri contesti, avrebbe avuto il sapore di una sconfitta, ma per gli uomini di Maestrelli quel terzo posto era una grandissima vittoria, che, forse, ai più attenti osservatori di calcio, poteva già presagire quello che sarebbe successo l’anno seguente.
Il Maestro aveva messo su un gruppo unico nella storia del calcio italiano. Una magica alchimia creata dall’allenatore pisano era stata capace di tenere insieme dei giocatori un po’ sopra le righe. Media e appassionati di calcio notano questa squadra quasi “guascona”, composta da ragazzi dalla forte personalità, che spesso litigano e si azzuffano durante le sessioni di allenamento, salvo poi regalare ai propri tifosi prestazioni straordinarie la domenica.
Era nata la banda Maestrelli, un gruppo di calciatori anomalo per abitudini e stile di vita. Un gruppo diviso in “clan” in lotta tra loro all’interno della stessa squadra, ma tenuti insieme in campo da un comune padre più che allenatore, Tommaso Maestrelli.
L’anno successivo allo scudetto sfumato all’ultima giornata è la stagione 1973-1974 in cui la Lazio si laurea Campione d’Italia. L’11 titolare è quello dell’anno precedente eccetto due nuovi innesti, il giovane Vincenzo D’Amico e Sergio Petrelli.
La squadra di Maestrelli parte alla grande in campionato: vince all’esordio per 3-0 contro il Vicenza, batte di misura alla seconda giornata la Sampdoria e poi viene sconfitta fuori casa dalla Juventus campione in carica. Dopo questo passo falso la Lazio pareggia contro Fiorentina, Cesena e Inter, ma una serie di vittorie consecutive porterà i biancocelesti ad essere campioni d’inverno con tre punti di vantaggio su un terzetto composto da Fiorentina, Juventus e Napoli.
All’inizio dell’anno magico, dopo la vittoria a Marassi contro il Genoa e la seguente battuta d’arresto con la storica bestia nera, il Torino, la Lazio porta a casa un altro filotto di vittorie che la mantengono sempre ai vertici della classifica.
Due sono i momenti fondamentali in questo cammino vincente: la vittoria in un Olimpico gremito per 3-1 contro la Juventus e l’eclatante successo nel derby contro la Roma.
Queste due vittorie danno carica emotiva alla Lazio di Maestrelli, che, durante questa stagione, ancor più che nella precedente, dà l’idea di essere macchina perfetta. Proiettata verso la vittoria finale, la “Banda Maestrelli” continua a macinare gli avversari a suon di gol e nella penultima giornata di campionato si presenta il primo match point contro il Foggia, ex squadra del Maestro.
È il 12 maggio del 1974, Lazio – Foggia finisce 1-0, i biancocelesti hanno la meglio con un rigore di Chinaglia. È l’apoteosi per i tifosi della Lazio, per la prima volta nella storia la squadra biancoceleste conquista lo scudetto. Due anni prima la Lazio festeggiava la promozione in Serie A, ora il titolo della massima serie: Maestrelli aveva compiuto un miracolo.
Il miracolo della Lazio di Maestrelli, dalla Serie B allo scudetto, con una squadra di personalità eccentriche e difficili da tenere insieme, divenne subito un’icona di un calcio romantico. L’anno successivo la Lazio continua ad abitare le zone alte della classifica, alcuni iniziano ad assaporare un clamoroso bis, ma il destino di quella Lazio è indissolubilmente legato a quello del suo allenatore. Quando a Tommaso Maestrelli viene diagnostico un cancro che lo costringe ad allontanarsi dalla panchina, i biancocelesti intraprendono una discesa che li conduce al quarto posto.
La stagione successiva inizia senza Maestrelli. Il nuovo allenatore Corsini non è in grado di gestire quei giocatori e la classifica ne è testimone. Un eroico Maestrelli, a cui non rimaneva molto da vivere, tornò a sedere sulla panchina della Lazio, riuscendo, magistralmente, ad evitare la retrocessione. Pochi mesi dopo, Maestrelli morì e con lui la magia di quella storica Lazio. Un altro evento segnò la fine della Banda Maestrelli: poche settimane dopo la scomparsa dell’allenatore, morì tragicamente anche Luciano Re Cecconi, giocatore simbolo di quella squadra irripetibile.
Per rendere l’idea della figura di allenatore-padre, capace di governare una “banda” di calciatori stravaganti, è sufficiente raccontare un aneddoto: alla morte di Chinaglia la famiglia Maestrelli si offrì di ospitare la tomba dell’ex attaccante accanto a quella di Tommaso; la moglie del bomber, Connie, e i suoi figli accettarono molto felicemente.
Marcello Geppetti iniziò a lavorare come fotografo sportivo nel 1965 per “Momento Sera”, un quotidiano calcistico di enorme importanza, essendo stato il primo ad introdurre il fotocolor. Geppetti è un tifoso della Lazio. In quegli anni seguì le partite di Lazio e Roma all’Olimpico. Le trasferte delle squadre romane, invece, erano seguite dal collega Pietro Brunetti che, purtroppo, scomparirà giovanissimo, nel giugno del ‘75 a 42 anni. Geppetti, quindi, ebbe modo di vedere passo dopo passo l’evoluzione della Lazio di Maestrelli raccontata romanticamente dai suoi scatti.
Geppetti era fotografo e amico di quella squadra. È stato presente dal primo all’ultimo momento della meravigliosa parabola, scattando tra tutte una fotografia che meglio di ogni altra rappresenta l’animo della “Banda Maestrelli”.
Era la giornata del derby di ritorno nell’anno dello scudetto e Chinaglia segna il rigore del vantaggio. Mentre gli altri fotografi scattano foto ritraendo il campo, la curva in festa, i calciatori che esultano, Geppetti insegue Chinaglia, che, carico di adrenalina, va sotto la Curva Sud, quella dei tifosi della Roma, e punta il dito verso di loro. In quel momento Geppetti scatta un’immagine iconica della forza romantica e selvaggia della “Banda Maestrelli”, ritraendo il leader tecnico e carismatico con il dito puntato verso la Sud.
La stella di quella Lazio era proprio Giorgio Chinaglia, un giocatore dal carattere ribelle che solo Tommaso Maestrelli riusciva a governare. Un’altra foto più di altre che rende il legame tra l’allenatore e l’attaccante è quella scattata il 21 aprile 1973 nella partita contro il Milan vinta per 2-1 dai biancocelesti. A fine partita, dopo che le nuvole liberarono il tetto dell’Olimpico, l’esultanza dei due è plateale, Chinaglia corre verso il suo allenatore e si tuffa in braccio a lui. Un rapporto allenatore-giocatore come un rapporto padre-figlio.
12 Maggio 2021